Dott. Vincenzo Alvino

SPECIALISTA IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA
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Ultimo aggiornamento il 09/02/2016 alle ore 13:41
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Disfunzioni Tiroidee In Gravidanza

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

IPOTIROIDISMO E TERAPIA SOSTITUTIVA TIROIDEA IN GRAVIDANZA

La terapia sostitutiva tiroidea deve essere effettuata in tutte quelle occasioni in cui si è in presenza di una ipofunzione della produzione degli ormoni tiroidei T4 e T3. Tale condizione clinica, detta ipotiroidismo primitivo, si caratterizza per un rallentamento generale delle funzioni metaboliche ed è il più comune disordine della funzione tiroidea.

La prevalenza dell’ipotiroidismo in gravidanza è minore rispetto a quella rilevata nella popolazione generale perché l’ipotiroidismo è causa, di per sé, di ridotta fertilità, ed è una patologia più frequente dopo la quinta decade di vita. Le cause più comuni di ipotiroidismo in gravidanza sono la tiroidite autoimmune, l’ipotiroidismo post ablativo per morbo di Basedow, e quello post-tiroidectomia per carcinoma della tiroide o gozzo. Il ruolo principale delle tireopatie autoimmuni è confermato dalla presenza di anticorpi anti tireoperossidasi (TPO) che sono presenti in circa il 58% delle gravide con ipotiroidismo subclinico e nel 90% con ipotiroidismo franco.

Diagnosi

La diagnosi clinica di ipotiroidismo in gravidanza è spesso difficile in quanto in genere la gestante può presentare alcune manifestazioni suggestive di ipotiroidismo come lintolleranza al freddo, capelli ruvidi, difficoltà alla concentrazione e stanchezza.

L’aumento dei valori del TSH nel siero è l’indice più sensibile e specifico per la diagnosi di ipotiroidismo primitivo in gravidanza. Spesso il TSH è elevato e gli ormoni tiroidei, FT4 e FT3, sono nella norma (ipotiroidismo subclinico). Un valore di FT4 basso associato ad un elevato valore di TSH è indice di ipotiroidismo franco.

La valutazione del TSH dovrebbe essere effettuata nel corso della prima visita in ogni gestante con familiarità per ipotiroidismo o malattie autoimmuni della tiroide, con storia personale di tireopatia, con anticorpi anti tiroide circolanti, con gozzo con diabete mellito di tipo I, con altre patologie autoimmuni o nelle gravide in terapia con farmaci che possono interferire con la funzione tiroidea come gli antitiroidei, l’amiodarone e il litio.

L’esame strumentale da eseguire durante la gravidanza, nel caso in cui sia stata diagnosticata una tireopatia, è l’ecografia tiroidea. Tale metodica, non invasiva e ripetibile, mostrerà il quadro della disomogeneità ghiandolare con margini policiclici in presenza di patologia autoimmune.

IPOTIROIDISMO IN GRAVIDANZA

L’ipotiroidismo franco e l’ipotiroidismo sub clinico possono determinare delle complicanze durante la gravidanza; tra queste in ordine di frequenza: l’ipertensione gravidica, il basso peso alla nascita, emorragia post-partum, la nascita di un feto morto, il distacco placentare.

La rapida normalizzazione dello stato tiroideo con la terapia sostitutiva riduce l’incidenza dell’ipertensione e di tutte le altre complicanze. 

Il passaggio transplacentare di ormone tiroideo è modesto durante tutto il periodo di gestazione ma è, probabilmente, molto importante per lo sviluppo cerebrale del feto. Se la madre in gravidanza è ipotiroidea, il sistema nervoso fetale può essere danneggiato dalla mancanza di tiroxina materna nelle prime settimane di gestazione, quando la tiroide del feto non è ancora capace di produrre ormoni, o successivamente se la tiroide del feto è ipofunzionante. Questa situazione può verificarsi nelle gestanti esposte a grave carenza iodica che è causa di ipotiroidismo materno, fetale e neonatale. L’ipotiroidismo materno, fetale e neonatale provoca un danno irreversibile dello sviluppo neurologico ed intellettivo sino alla configurazione clinica più grave del cretinismo endemico.

Un ipotiroidismo franco solo materno se non trattato può determinare nei nascituri un quoziente intellettivo minore rispetto ai soggetti nati da madri eutiroidee.

Pertanto la raccomandazione generale è che l’ipofunzione tiroidea, nella gestante, deve essere diagnosticata e corretta con la terapia sostitutiva nel minor tempo possibile.

Terapia dell’ipotiroidismo in gravidanza

Il farmaco di scelta per il trattamento sostitutivo dell’ipotiroidismo è la l-tiroxina, T4, un preparato sintetico, chimicamente puro. La sua azione si esplica dopo conversione periferica in T3. La somministrazione di T4 costituisce una fonte continua di T3 per i tessuti, e riproduce fedelmente la situazione fisiologica in cui la maggior parte della T3 deriva dalla desiodazione periferica di T4.

Altro vantaggio della somministrazione di l-tiroxina è che il preparato ha una emivita biologica abbastanza lunga, consentendo il mantenimento di un livello costante di ormoni tiroidei durante le 24 ore con un’unica somministrazione giornaliera. La dose ottimale deve essere stabilita nel singolo soggetto in base alla risposta clinica prefiggendosi come scopo quello di riportare il valore del TSH entro i limiti di normalità.

Non esistono reazioni allergiche alla l-tiroxina o fenomeni di idiosincrasia.

Gli effetti collaterali sono dovuti al sovradosaggio dell’ormone che provoca un quadro di tireotossicosi. Per questo durante il trattamento sostitutivo con l-tiroxina i valori del TSH, FT4 e FT3 devono essere mantenuti entro i range di normalità.

Nella terapia sostitutiva in gravidanza:

  • è consigliabile, in assenza di patologie cardiache concomitanti, raggiungere lo stato di eutiroidismo nel minor tempo possibile per evitare le complicanze sul decorso della gravidanza e sul prodotto del concepimento;
  • la dose sostitutiva di l-tiroxina è maggiore in gravidanza rispetto al periodo pre e post gravidico;
  • ladeguatezza deve essere valutata, mediate il dosaggio del TSH e ormoni tiroidei liberi, ogni due mesi. 

Pertanto, durante la gravidanza, il TSH sierico deve essere attentamente controllato e la dose di l-tiroxina aggiustata di conseguenza nella singola paziente.

Dopo il parto la dose di l-tiroxina dovrebbe essere ridotta e riportata alla dose precedente alla gravidanza. Ladeguatezza della nuova dose deve essere verificata ripetendo il dosaggio del TSH 6-8 settimane dopo il parto.

 

IPERTIROIDISMO IN GRAVIDANZA: La malattia, i problemi materni e fetali, le moderne strategie di diagnosi e cura.

L’ipertiroidismo è una sindrome clinica a diversa etiologia (causa) caratterizzata da un incremento della produzione degli ormoni tiroidei. Come gran parte delle malattie tiroidee si manifesta più frequentemente nelle donne con una incidenza stimata pari al 3,9%. 

Cause più frequenti

Cause più rare

Morbo di Basedow
il gozzo multinodulare tossico
l’ adenoma tossico (Morbo di Plummer)
tiroidite

assunzione di estratti tiroidei nella dieta
somministrazione esogena di ormoni tiroidei 
tumori trofloblastici 
tumore ipofisario secernente TSH 
carcinoma tiroideo 
struma ovarii

Il Morbo di Basedow (Malattia di Graves per gli anglosassoni) è la causa più frequente e colpisce frequentemente giovani donne di età inferiore ai 45 anni, quindi in età riproduttiva; pur essendo una delle cause di infertilità non è infrequente il suo riscontro in corso di gravidanza.

Il Gozzo Tossico Multinodulare è la seconda fra le cause più frequenti ma incide solitamente in età più avanzata, spesso dopo i 50 anni e generalmente in pazienti già portatrici di un gozzo multinodulare non tossico.

I sintomi dell’ipertiroidismo variano in funzione della gravità della malattia e tipicamente consistono in un aumento della frequenza cardiaca (tachicardia) spesso superiore a 100 battiti per minuto, perdita di peso (dimagramento), stanchezza, irritabilità, ansietà, insonnia, vomito (iperemesi); alcuni sintomi tipici della gravidanza possono essere accentuati come la tendenza a facile affaticamento, l’intolleranza al caldo e l’ipersudorazione. Talvolta è ben evidente un gozzo cioè l’ingrandimento diffuso della ghiandola tiroidea (posta nella regione anteriore del collo). I pazienti ipertiroidei presentano spesso disturbi oculari (anche asimmetrici) che vanno dalla retrazione palpebrale all’esoftalmo (protrusione del bulbo oculare) tipico del Morbo di Basedow; frequenti sono anche: fragilità ungueale, maggiore caduta dei capelli,  ispessimento dei tessuti pretibiali (mixedema). 
Bisogna comunque ricordare che una più facile tendenza all’affaticamento, nausea particolarmente al mattino e conati di vomito, una certa irritabilità ed ansietà e lieve tachicardia possono essere presenti in tante donne gravide perfettamente normali quindi sarà sempre molto importante condurre una diagnostica differenziale.

Nella gravidanza iniziale condizioni di scarso incremento ponderale o dimagramento con vomito eccessivo (iperemesi) richiedono sempre una valutazione tiroidea.

Nella storia familiare di queste donne è frequente il riscontro di altri casi di patologia tiroidea. Studi di istocompatibilità (quelli che si eseguono ad esempio in occasione dei trapianti d’organo) hanno inoltre dimostrato un’associazione con i gruppi HLA-B8 e HLA-DR3.

La diagnosi di ipertiroidismo oltre che sul quadro clinico si basa su indagini ormonali di laboratorio. E’ necessario infatti dosare i livelli nel sangue di  FT4, FT3 (frazioni libere degli ormoni tiroidei circolanti nel nostro corpo) e TSH (piccolo ormone proteico prodotto dall’Ipofisi).

Nell’ipertiroidismo tipicamente FT3 ed FT4 saranno più alti del normale (in alcuni casi può aumentare solo l’FT3) ed il TSH sarà molto basso o indosabile. Il TSH in condizioni normali ha una funzione di stimolo sulla Tiroide ma quando quest’ultima lavora troppo ed in modo incontrollato come avviene nell’ipertiroidismo la sua produzione si abbassa in conseguenza di un forte segnale (feedback) negativo a livello ipofisario che viene dagli aumentati livelli di FT3 e FT4.

La palpazione diretta della ghiandola è un momento clinico fondamentale perché fornisce informazioni sulla consistenza, il volume, l’eventuale dolorabilità, l’aspetto della superficie; molto importante anche la palpazione dei linfonodi del collo, laterocervicali e sovraclaveari per individuare un eventuale loro interessamento.

All’individuazione della causa dell’ipertiroidismo in gravidanza contribuiscono in modo molto rilevante alcuneindagini strumentali ed immunologiche:

  • ecografia tiroidea
  • eco-colordoppler della tiroide
  • ricerca anticorpi anti Tireoglobulina (Tg), anti tireoperossidasi (TPO) ed anti-recettore del TSH (TRAb)

Trattandosi nella gran parte dei casi di una malattia autoimmune (cioè scatenata e mantenuta da una auto-aggressione del proprio sistema di difesa immunitario)  il dosaggio degli anticorpi non solo è importante per la diagnosi ma lo è anche per il monitoraggio della malattia. La ricerca dei TRAb è particolarmente importante in gravidanza perché livelli elevati di questi ultimi possono far sorgere il sospetto che vi sia il coinvolgimento della Tiroide fetale (passano la placenta) con conseguente rischio di ipertiroidismo fetale e possibile futura tireotossicosi neonatale.

In alcune pazienti è utile dosare l’escrezione urinaria dello iodo per escludere una sua eccessiva introduzione con la dieta ed in altri casi (tiroidite sub-acuta e fittizia) può essere utile il dosaggio della Tireoglobulina sierica.

La funzione tiroidea è importante per l’intero organismo ed un’iperfunzione (ipertiroidismo) in gravidanza ha molti possibili effetti negativi, ed infatti nelle gravide ipertiroidee sono più frequenti:

  • ipertensione;
  • anemia;
  • cardiopatia;
  • pre-eclampsia (gestosi);
  • distacco di placenta;
  • aborto spontaneo;
  • parto prematuro;;
  • malformazioni fetali;
  • morte endouterina del feto;
  • basso peso dei neonati alla nascita.

I neonati di queste pazienti possono presentare anche un’alterata funzione tiroidea ed hanno una maggiore incidenza di mortalità prenatale. Certamente tutto è sempre correlato alla gravità ed alla durata della malattia.

La terapia in gravidanza è fondamentalmente medica, raramente si pone l’opzione chirurgica. 

I farmaci utilizzati sono gli anti-tiroidei cioè delle molecole che riducono la funzionalità della ghiandola riducendo i livelli dei suoi ormoni circolanti: metimazolo, carbimazolo e propiltiouracile sono le molecole più utilizzate ed appartengono al gruppo delle “tionamidi”.

La terapia, quando necessario, va intrapresa il più precocemente possibile ed ha come obiettivo il raggiungimento dell’eutiroidismo (normali livelli sierici degli ormoni tiroidei) nel tempo più rapido possibile che comunque oscilla tra le 2 e le 6 settimane (i farmaci non agiscono sugli ormoni tiroidei già prodotti e conservati nella ghiandola).

Il Metimazolo (MMI) è il farmaco più utilizzato in Europa mentre il Propiltiouracile (PTU) è il farmaco di scelta negli Stati Uniti; quest’ultimo inoltre non è commercialmente disponibile in Italia ma può essere comunque ottenuto su prescrizione medica “galenica” in alcune farmacie. Seppure sia stato suggerito che il PTU possa essere preferibile in gravidanza molti ritengono MMI ugualmente sicuro ed efficace. Dati che dimostrerebbero un legame tra somministrazione di MMI con l’aplasia cutis ed altre malformazioni del neonato sembrerebbero controversi e non conclusivi. La scelta di una molecola rispetto all’altra è quindi determinata dall’esperienza, dai convincimenti scientifici del medico e dalla disponibilità del farmaco.

Le dosi “di attacco” nei franchi ipertiroidismi sono generalmente di 20-30 mg di MMI e 200-400 mg di PTU suddivise in due (MMI) o tre (PTU) somministrazioni giornaliere. Successivamente (se le condizioni cliniche migliorano) si tende a raggiungere sempre la dose minima efficace che si aggira intorno ai 5-10 mg di MMI o 50-100 mg di PTU.

La terapia medica, qualsiasi sia la molecola scelta è molto importante: non solo diminuisce l’incidenza di malformazioni fetali legate alla malattia ma influisce globalmente in modo molto positivo sul decorso della gravidanza favorendo il successo riproduttivo. Il 5% delle donne che assumono tionamidi presenta effetti collaterali come eruzioni cutanee, prurito, agranulocitosi (diminuzione dei globuli bianchi) che però non necessariamente richiedono l’interruzione del trattamento; più raramente possono comparire alterazioni epatiche (epatossicità) e disturbi articolari.

Il bilancio rischio/benefici è notevolmente a favore della terapia medica con tionamidi.

Talvolta per il controllo della sintomatologia cardiaca materna (tachicardia) e dell’ipertensione può essere indispensabile l’utilizzo di farmaci beta-bloccanti. Il propanololo è molto usato ma anche l’atenololo è un ottimo farmaco. Queste molecole non sono controindicate in gravidanza e consentono anche di controllare e migliorare tremori ed ansietà spesso presenti in situazioni di elevata frequenza cardiaca (es. nella temibile crisi tireotossica).

IL MONITORAGGIO CLINICO DELLE GRAVIDE IPERTIRIODEE

Il monitoraggio di queste pazienti e del feto costituisce un’altro momento di fondamentale importanza. Sono consigliati oltre ai comuni controlli previsti in gravidanza anche:

  • verifiche frequenti della pressione;
  • del volume tiroideo;
  • del peso e della frequenza cardiaca materna e fetale;
  • mensilmente è bene controllare anche l’emocromo ed il dosaggio di TSH, FT3, FT4. Il dosaggio dell’FT4 ha una particolare importanza e l’obiettivo è quello di mantenerlo nei limiti medio-alti della norma. Essendo i feti delle pazienti ipertiroidee a maggior rischio malformativo e di anomalie della crescita oltre ai controlli ecografici di routine già normalmente raccomandati è fortemente indicata una ecografia morfologica disecondo livello con flussimetria  alla 20a settimana.

La ricerca di anticorpi materni anti recettore TSH (TRAb) è raccomandata alla 20a ed alla 30a settimana per individuare i feti a maggior rischio, ed adottare all’occorrenza misure più stringenti sia dal punto di vista terapeutico materno che del controllo fetale.

Il puerperio e lallattamento richiedono  particolare attenzione sia a livello materno che neonatale. Mamma e neonato vanno attentamente controllati, clinicamente e laboratoristicamente; nel neonato è importante cercare anche i TRAb. Solitamente la gravidanza ha un effetto favorevole sulla Malattia di Basedows e non è infrequente assistere ad un miglioramento clinico ma proprio nel puerperio il quadro clinico può nuovamente cambiare.

Un eventuale trattamento con tionamidi non controindica l’allattamento al seno ma la decisione di mantenerlo richiede comunque ulteriori atteggiamenti prudenziali (dosi minime dei farmaci, controlli più frequenti sul neonato).

Nelle donne ipertiroidee che desiderano programmare una gravidanza è consigliabile ottenere prima un buon controllo della malattia fino ad arrivare ad assumere dosi basse del farmaco anti-tiroideo; a quel punto si può provare. Dopo una terapia con iodio radioattivo è consigliabile attendere almeno un anno; non sono stati riportati in questi casi effetti negativi sulla prole.

 

I  NODULI TIROIDEI  ED IL GOZZO MULTINODULARE

Circa il 6,4% delle donne ha un nodulo tiroideo; problemi semplici ma a volte anche complessi di una malattia comunque sempre angosciante.

Il nodulo tiroideo costituisce la più frequente patologia tiroidea e come tutte le malattie della Tiroide incide più frequentemente nella donna rispetto all’uomo colpendo circa il 6,4 % di quelle con età tra i 30 ed i 59 anni. In realtà probabilmente la sua incidenza è ancora più alta  ma non diagnosticata per assenza di sintomatologia. La sua prevalenza nella popolazione generale aumenta progressivamente con l’età e talvolta si accompagna ad un ingrandimento della ghiandola (gozzo).

Il gozzo è un’ipertrofia spesso compensatoria della ghiandola tiroidea particolarmente frequente in zone a scarso contenuto iodico nella dieta.

Si tratta di una neoformazione rotondeggiante, singola o multipla (gozzo multinodulare), solida o cista (talvolta mista) che può raggiungere dimensioni talvolta anche di qualche centimetro determinando disturbi da compressione sugli organi vicini.

Il riscontro avviene palpatoriamente e/o visivamente (spesso durante un esame clinico) oppure nel corso di un’indagine ecografica mirata alla regione del collo. Molti piccoli noduli solitari sono spesso del tutto asintomatici e vengono diagnosticati occasionalmente; noduli di grandi dimensioni oltre ad essere ben visibili (spesso li vede per primo il paziente stesso) e creare anche un problema estetico, possono determinare disturbi da compressione sugli organi vicini come laringe e trachea (disfonia, dispnea) ed esofago (disfagia).

La natura dei noduli tiroidei è nella gran parte dei casi benigna, particolarmente nella donna; solo il 5-6% ha un’origine tumorale (carcinoma papillare il più frequente).

Liter diagnostico ha lo scopo di distinguere la natura maligna da quella benigna del nodulo tiroideo, descriverne la sue dimensioni e la struttura, l’eventuale appartenenza ad un gozzo semplice o multinodulare, ad una tiroidite cronica o subacuta.

Elementi di allarme sono:

  • precedente irradiazione del collo;
  • incremento volumetrico dei linfonodi laterocervicali;
  • rapida crescita;
  • aumento della consistenza;
  • disturbi da compressione (disfonia, disfagia);
  • precedenti casi di cancro tiroideo nella famiglia.

Elementi di tranquillità sono (ma non escludono assolutamente la necessità di indagini):

  • comparsa immediata, con dolore acuto e tensione
  • rilievo concomitante di sintomi tipici dell’ipertiroidismo (tachiaritmia ecc.)

Normalmente il primo professionista ad occuparsi del problema è il Medico di Medicina Generale; sarà lui a giudicare se è necessario il ricorso allo Specialista Endocrinologo.

Le indagini sono sia laboratoristiche che strumentali ed eventualmente anche citomorfologiche. 

INDAGINI DI LABORATORIO

  • Valutazione della funzione tiroidea attraverso il dosaggio del TSH (un piccolo ormone ipofisario che controlla la Tiroide) e degli ormoni tiroidei (frazioni libere circolanti) FT3, FT4. Il riscontro di un aumento degli ormoni tiroidei (particolarmente dell’FT3) potrebbe deporre per un nodulo iperfunzionante (adenoma tossico) mentre valori bassi (FT4) con TSH aumentato sono più tipici ad esempio di una tiroidite cronica autoimmune con ipotiroidismo. In gravidanza la stimolazione da parte della gonadotropina corionica (HCG) sulla tiroide nelle prime settimane può determinare un fisiologico leggero abbassamento del TSH (down regulation) da non confondere con situazioni di ipertiroidismo.
  • Dosaggio della Calcitonina: utile identificare od escludere la presenza di un carcinoma midollare della Tiroide.
  • Dosaggio degli anticorpi  anti-tireoglobulina (TgAb) e anti-tireoperossidasi (TPOAb): la loro identificazione e titolazione aiuta ad identificare  un eventuale processo autoimmune cronico (Tiroidite di Hashimoto).

INDAGINI STRUMENTALI

  • L’ecografia tiroidea ha un ruolo molto importante. Evidenzia il nodulo tiroideo, le sue dimensioni, la sua struttura e descrive anche il contesto ghiandolare nel quale si trova; può inoltre descrivere la presenza di linfoadenomegalie (ingrandimento dei linfonodi) locoregionali (vicini).
  • L’ecocolodoppler dà informazioni sulla vascolarizzazione del nodulo: una intensa irrorazione sanguigna potrebbe essere sospetta ma è presente anche negli adenomi iperfunzionanti del tutto benigni.
  • La TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) e la RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) sono utili talvolta nell’analizzare i rapporti della Tiroide con gli organi e le strutture vascolari vicine oltre che nello studio dei gozzi a sviluppo retrosternale. 
  • La Scintigrafia Tiroidea attraverso lo studio della captazione di un isotopo radioattivo dello iodio aiuta a distinguere i noduli autonomamente funzionanti (noduli caldi, ipercaptanti) da quelli non funzionanti (noduli freddi) o isocaptanti rispetto al resto della ghiandola. Questo esame è assolutamente controindicato in gravidanza.

INDAGINI CITOMORFOLOGICHE

  • L’agoaspirato costituisce una preziosissima indagine nella diagnosi differenziale tra noduli tiroidei benigni e maligni. Con un ago e sotto controllo ecografico si procede alla aspirazione del nodulo e le cellule così asportate vengono E’ importante che il campione (il prelievo) sia adeguato ai fini della diagnosi citologica. Non ha nessuna controindicazione in gravidanza e come regola tutti i noduli palpabili di dimensioni superiori ad 1 cm dovrebbero essere sottoposti a questa procedura.

Nell’ambito di queste indagini elementi di allarme o comunque di preoccupazione (in senso tumorale) sono l’identificazione di noduli strutturalmente solidi, misti o ipocaptanti all’esame scintigrafico (freddi); l’ago aspirato consentirà di individuare quelli realmente pericolosi, fortunatamente una ristretta minoranza.

La terapia dipende dalla benignità o malignità del nodulo tiroideo, dalla concomitanza di un gozzo, dalle condizioni cliniche generali del paziente, compreso (trattandosi spesso di donne) un eventuale stato di gravidanza. Una buona parte (fino quasi al 50%) dei noduli benigni va incontro ad una regressione spontanea.
Noduli benigni che hanno dimostrato una crescita documentata o che danno problemi estetici o di compressione possono essere trattati con la somministrazione di levo-tiroxina (LT4):  la somministrazione esogena di ormoni tiroidei sopprime infatti la secrezione ipofisaria di TSH e ciò determina in molti casi una significativa riduzione delle dimensioni del nodulo; il tentativo viene fatto sempre con le dosi minime efficaci, richiede una selezione dei pazienti per escludere controindicazioni (es. patologia cardiovascolare, età post-menopausale per il rischio osteoporosi) e di solito in assenza di successo non viene protratto per più di un anno.  Mentre la LT4 sembra utile anche nel prevenire la formazione di ulteriori noduli e comunque di fermarne la crescita non è stata dimostrata una capacità nell’evitare la trasformazione in senso neoplastico.
Noduli cistici di sicura benignità possono essere trattati con l’aspirazione (frequentemente gravata da recidiva), l’alcolizzazione percutanea ecoguidata (sclerotizza le pareti ed è efficace nell’80-95% dei casi), l’intervento chirurgico.
Diverso e più complesso è l’atteggiamento nei casi di malignità che tiene ovviamente presente anche le caratteristiche biologiche del tumore (tipo istologico): la terapia chirurgica è la prima scelta e va dalla lobectomia (asportazione parziale) all’asportazione totale della Tiroide (tiroidectomia), avvalendosi quando necessario della terapia adiuvante radiometabolica (somministrazione di iodio radioattivo che distrugge cellule residue), della chemioterapia, della radioterapia.

In gravidanza il riscontro di uno o più noduli tiroidei genera un’ansietà forse anche maggiore del normale e non è giustificato attendere per fare una diagnosi; infatti gran parte delle indagini può essere fatta anche durante il periodo gestazionale  compreso anche l’agoaspirato mentre trova una controindicazione assoluta la scintigrafia. Quando è necessaria una terapia con LT4 questa può essere effettuata con l’accortezza di iniziare sempre con dosi subottimali e di incrementarle progressivamente. Nei noduli dubbi può essere ragionevole mantenere una stretta sorveglianza e rimandare ulteriori valutazioni e scelte terapeutiche a dopo il parto (in alcuni casi può essere giustificato anche il trattamento con LT4). 
Nei noduli la cui citologia depone per malignità è indicato l’intervento chirurgico: la scelta del momento operativo dovrebbe tener conto dei rischi potenziali per madre e feto ed andrebbe ampiamente discussa con la paziente. Il rilievo di un carcinoma papillare (il più frequente) non è una indicazione all’interruzione della gravidanza; questi tumori hanno una crescita lenta e scarsa tendenza a metastatizzare; forme più maligne sono fortunatamente molto rare. In molti casi procrastinare l’intervento di pochi mesi potrebbe consentire un più facile successo riproduttivo (raggiungendo un’epoca gestazionale sicura per il feto) senza inficiare la capacità di sopravvivenza della mamma; si tratta come potete facilmente comprendere di decisioni estremamente delicate che devono essere prese dalle equipe specialistiche (endocrinologi, ostetrici, neonatologi) caso per caso e sulle quali non si può assolutamente generalizzare.

TIROIDITE DI HASHIMOTO
La causa più frequente di ipotiroidismo.

Per comprendere la rilevanza di questo argomento va tenuto presente che la Tiroidite di Hashimoto (chiamata anche tiroidite linfocitaria) è l’infiammazione della tiroide  più diffusa al mondo. Tende ad avere una distribuzione familiare ed è circa 6 volte più frequente nella donna rispetto all’uomo; la sua incidenza aumenta con l’età.

E’ una malattia di tipo autoimmune” cioè determinata da una auto-aggressione del proprio sistema immunitario: la produzione di anticorpi e cellule killer verso il tessuto tiorideo ne determina la progressiva distruzione e l’evoluzione frequente verso l’ipotiroidismo cioè una riduzione dell’attività funzionale della ghiandola.

I pazienti affetti da Tiroidite di Hashimoto presentano una sintomatologia molto variabile correlata all’andamento clinico della malattia, all’età di insorgenza ed alla presenza di altre malattie concomitanti.
Quando la malattia esordisce in forma acuta (minoranza dei casi) vi è una rapida distruzione ghiandolare con conseguente liberazione nel sangue dei depositi di ormoni tiroidei: la tiroide può essere dolente, aumentata di volume ed ì sintomi sono quelli tipici dell’ipertiroidismo (tachicardia, astenia, dimagramento, febbre, insonnia ecc..).

Nella maggior parte dei casi invece l’esordio è lento e spesso asintomatico e per molto tempo la tiroide mantiene una normale produzione ormonale ed i sintomi insorgono solo quando c’è l’evoluzione verso l’ipotiroidismo. La Tiroidite di Hashimoto è infatti la principale causa di ipotiroidismo. 

L’evoluzione, spesso lenta, verso una ridotta funzionalità tiroidea è infatti frequente. I sintomi tipici dell’ipotiroidismo sono il facile affaticamento, la depressione, l’intolleranza al freddo, la difficoltà di concentrazione, la perdita dei capelli. Si verifica spesso anche un ingrossamento della ghiandola (gozzo) che progressivamente diviene più dura alla palpazione. Nella donna possono verificarsi anche irregolarità mestruali.

Questa malattia può essere associata ad altre malattie tipicamente legate ad una alterata funzione del sistema immunitario quali: malattia di Basedow-Graves, gastrite atrofica, morbo celiaco, epatite C, miastenia, cheratocongiuntivite sicca, deficit surrenalico, insufficienza ovarica prematura (P.O.F. o menopausa precoce), vitiligo, Sindrome di Schmidt (insufficienza surrenale, ipoparatiroidismo, diabete, insufficienza ovarica).

La diagnosi si basa su:

  • rilievi anamnestici (storia familiare e personale clinica del paziente) 
  • esame obiettivo ( ispezione e palpazione della ghiandola e del collo)
  • indagini di laboratorio  come il dosaggio del TSH (ormone ipofisario che controlla la tiroide), FT4 ed FT3 (frazioni libere degli ormoni tiroidei circolanti nel sangue); la ricerca degli anticorpi (AC) anti-tireoperossidasi (un enzima tiroideo) è positiva nel 95% dei casi e quella degli anticorpi anti tireoglobulina lo è nel 60% dei casi; utili anche la ricerca di AC anti-recettore del TSH
  • indagini strumentali  quali: l’ecografia tiroidea. Quest’ultima permette lo studio morfologico del parenchima ghiandolare ed una valutazione delle sue dimensioni. Talvolta può anche essere necessario il ricorso all’esame citologico (ago-aspirato) e/o alla scintigrafia.

Nella diagnostica differenziale è bene sempre escludere l’assunzione di farmaci che possono indurre la formazione di anticorpi contro la tiroide: amiodarone, alfa-interferone, interleuchina-2  è buona norma riferire sempre al proprio medico od allo specialista i farmaci eventualmente assunti o che si stanno assumendo.

La terapia è data in relazione alla funzione tiroidea al momento della diagnosi. Essendo frequente uno stato di ipotiroidismo spesso si basa sulla somministrazione (terapia sostitutiva) di levotiroxina (LT4); nei rari casi di riscontro in fase ipertiroidea sarà invece utilizzata una terapia inibente la funzione ghiandolare.

La tiroidite del post-partum è una forma particolare di infiammazione tiroidea sempre su base autoimmune che esordisce molto presto dopo il parto con ipertiroidismo transitorio seguito da ipotiroidismo. Questa patologia è caratterizzata da un ritorno frequente ad una funzione ghiandolare normale.

Occorre sottolineare l’importanza del monitoraggio clinico di questi pazienti sia per i necessari aggiustamenti della terapia ma anche per la sorveglianza rispetto alle malattie che precedono o che possono accompagnare questa condizione.

Per le donne occorre in particolare enfatizzare il rischio di insufficienza ovarica prematura (menopausa precoce): si tratta di una evenienza non frequente ma che bisogna comunque considerare particolarmente in donne che non hanno ancora avuto una gravidanza.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica