Dott. Vincenzo Alvino

SPECIALISTA IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA
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Ultimo aggiornamento il 09/02/2016 alle ore 13:41

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MALATTIE INFETTIVE E GRAVIDANZA

  • AIDS
  • Chlamydia
  • Condilomi
  • Epatite
  • Herpes Genitale

INFEZIONE DA VIRUS IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA (HIV - AIDS):

Il virus responsabile della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) appartiene alla famiglia dei Retrovirus e contiene un enzima che gli permette di integrarsi nel patrimonio genetico (cromosomi) della cellula ospite e quindi replicarsi distruggendola. Nell'essere umano distrugge i linfociti, cellule deputate alla difesa immunitaria e quindi determina la comparsa di infezioni anche gravi e tumori.

Le prime descrizioni di questa malattia risalgono al 1981.

La trasmissione avviene attraverso il sangue (trasfusioni, tossicodipendenti, puntura accidentale), lo sperma (sia in rapporti omosessuali che eterosessuali), le secrezioni vaginali ed il latte materno. La ricerca sistematica del virus ha reso ormai impossibile la trasmissione del virus nelle donazioni (sangue, sperma, organi) mentre rimane alta la sua diffusione nei tossicodipendenti, nelle prostitute e tra gli omosessuali. Oltre che con siringa infetta la donna può essere contagiata con il rapporto sessuale, soprattutto in casi di rapporti anali o orali poiché le mucose rettali e buccali sono più fragili e delicate di quella vaginale. Non esistono prove di contagio attraverso il bacio o semplici atti di vita quotidiana.

La prima infezione si manifesta clinicamente da due settimane ad alcuni mesi dopo il contagio; i sintomi (febbre, astenia, ingrossamento dei linfonodi) sono molto simili a quelli di una Mononucleosi; talvolta compare una meningite. In molti casi comunque i sintomi sono molto scarsi. La sieropositività (positività ad indagini diagnostiche su sangue) compare a 4 -12 settimane dal contagio. Molti pazienti rimangono portatori del virus asintomatici per un periodo variabile da qualche mese ad alcuni anni quando esordisce la Sindrome da Immnodeficenza Acquisita con febbre (ad andamento variabile) debolezza, dimagramento, disturbi digestivi, ingrossamento dei linfonodi, infezioni ricorrenti.

La mortalità è purtroppo ancora elevata e la prevenzione è uno strumento essenziale per combatte questa malattia: evitare l'uso di droghe, utilizzare siringhe monouso, evitare l'attività sessuale con persone siero-positive ed i rapporti sessuali occasionali e comunque in questi casi usare sempre il preservativo verificandone l'integrità dopo il rapporto (se il rapporto è a rischio il preservativo diminuirà la probabilità di infezione del 70%).

AIDS e gravidanza. In gravidanza, le particolari modificazioni immunitarie che intervengono possono in alcuni casi determinare un peggioramento della malattia. E' possibile (ma non sicura) una trasmissione del virus al feto durante la gestazione; sembra più probabile una infezione fetale a termine di gravidanza o durante il parto. L'allattamento è controindicato.

CHLAMYDIA TRACHOMATIS.

E' un parassita intracellulare simile ai batteri che nella donna può causare cerviciti (infiammazioni del collo uterino), salpingiti, uretriti. L'infezione può essere trasmessa con il rapporto sessuale e durante il parto dalla donna gravida al neonato.

La cervicite da Chlamydia è molto spesso asintomatica e la sua incidenza è stimata intorno allo 0,5 - 8 %. Nel partner maschile è spesso presente un episodio di uretrite.

E' considerata un importante fattore di sterilità. In gravidanza può causare minaccia di parto prematuro e rottura prematura delle membrane. La ricerca del parassita  può essere fatta con un esame colturale su tampone endocervicale.

La terapia antibiotica (che va sempre effettuata anche dal partner) è abbastanza semplice e consente l'estirpazione della malattia. Il farmaco di scelta è la Eritromicina.

INFEZIONI GENITALI DA PAPILLOMA VIRUS.

Le infezioni da Papilloma Virus (HPV, Human Papilloma Virus) sono conosciute sin dall'antichità ed attualmente sono in forte incremento. Si conoscono circa 60 tipi di HPV ed alcuni di questi (16, 18, 31, 33, 35, 39) sono stati ritenuti responsabili di determinare lesioni displasiche (precancerose) e tumorali del collo uterino.

Vegetazioni veneree: condilomi acuminati o "creste di gallo". Solitamente sono provocate dai tipi HPV 6 e 11, non oncogeni che determinano dei tumori epiteliali benigni a trasmissione prevalentemente sessuale. Si tratta di piccole escrescenze che possono localizzarsi alla vulva e/o nella regione peri-anale, nella vagina e sul collo dell'utero e che crescono progressivamente sia nelle dimensioni che nel numero (per autoinoculazione). Per la terapia vengono preferiti i trattamenti fisici (diatermocoagulazione)..

Condilomi piani cervicali. Sono causati da HPV 6, 11, 16, 18, 31, 33, 39 e vengono diagnosticati in occasione di un Pap Test (che evidenzia le alterazioni cellulari determinate dal virus) o di una Colposcopia. Come abbiamo accennato alcuni di essi hanno un potenziale oncogeno. Anche in questi casi i trattamenti fisici ed escissionali si sono dimostrati più efficaci rispetto alle terapie mediche.

EPATITE VIRALE E GRAVIDANZA

Il tema delle epatiti virali in gravidanza è certamente molto interessante per l'alta diffusione di queste malattie e per le numerose implicazioni in medicina materno-fetale e perinatale. Le forme principali di epatite, con riferimento all'agente eziologico, sono l'epatite A, B, C, delta.

Epatite A. L'agente causale è un enterovirus a RNA con tropismo elettivo per l'epatocita (la cellula epatica).

La trasmissione del virus è tipicamente quella per via orofecale mentre altre forme di trasmissione (trasfusioni, rapporti sessuali) sono eccezionali. L'infezione, dopo un periodo di incubazione oscillante fra le 2 e le 4 settimane, insorge in forma acuta e benigna con un decorso tra i 15 ed i 30 giorni. Non si osservano cronicizzazioni e la malattia è seguita da uno stato di immunità permanente, cioè non si creano situazioni di portatore.

La trasmissione del virus è favorita da scarse condizioni igieniche personali ed ambientali. Nelle regioni ad alta incidenza, l'infezione viene contratta nella prima infanzia e ciò rende estremamente rara la possibilità di una trasmissione verticale materno-fetale che quando avviene si verifica prevalentemente al momento del parto e quasi mai durante la gravidanza a causa della breve durata della viremia.

Il virus A, altamente contagioso, determina un quadro clinico modesto nei bambini e più grave negli adulti.

Molto sommariamente il quadro clinico è caratterizzato da astenia, febbre, anoressia, artralgie, ittero ed a livello laboratoristico si ha un incremento degli enzimi epatici GOT e GPT (che vengono liberati dalle cellule danneggiate) nonché della bilirubina nella fase itterica.

Ora per l'epatite A esiste un vaccino ed è possibile comunque una protezione passiva in soggetti esposti al contagio, mediante somministrazione di immunoglobuline con alti titoli di anticorpi anti-HAV .

Misure di prevenzione

  • è possibile una vaccinazione nel periodo pre-gravidico

  • è possibile una protezione passiva con immunoglobuline sia per la gestante che per il neonato

  • ospedalizzazione

  • utile l'isolamento

  • l'allattamento non è controindicato

In gravidanza, come abbiamo già accennato, l'infezione è rara. La gravidanza non influisce sul decorso clinico della malattia, salvo casi di grave malnutrizione preesistente alla malattia stessa; l'epatite A sembrerebbe aumentare il rischio di parto pretermine quando l'infezione avviene nel III trimestre.

Non vi è rischio documentato di embriopatia ed è eccezionale la tramissione dell'epatite al feto.

L'infezione in prossimità del parto può viceversa determinare una trasmissione post-natale al neonato, che va in questi casi protetto con immunoglobuline ed isolato.

L'allattamento quando le condizioni fisiche della madre lo consentono non è controindicato.

La terapia non è specifica ed è basata sulla dieta (astensione da alcol e farmaci epatotossici) e sul riposo; la dietadeve essere spesso di tipo ipercalorico.

In caso di colestasi (ittero) accentuata con prurito si può ricorrere alla colestiramina, una resina che assorbe a livello intestinale gli acidi biliari diminuendone i livelli nel sangue.

EPATITE B.

Il virus dell'epatite B è un virus a DNA caratterizzato da una epidemiologia, da un decorso clinico e da una prognosi molto diversi da quelli dell'epatite A. La trasmissione del virus può essere di tipo orizzontale interumana o verticale da madre a figlio; proprio quest'ultima via di trasmissione è considerata da molti la causa preponderante del mantenimento dell'endemia in certe regioni. La trasmissione orizzontale avviene principalmente mediante contatto con sangue o emoderivati infetti e, anche se meno frequentemente, attraverso il contatto con altri liquidi biologici quali saliva, liquido seminale, secrezioni vaginali, latte materno. Le feci degli ammalati di solito non contengono il virus a meno che in esse non sia presente del sangue.

La trasmissione verticale può avvenire durante la gravidanza, durante il parto o nel puerperio.

Il passaggio transplacentare del virus è possibile durante tutta la gravidanza, ma si verifica in prevalenza nella sua seconda metà; tale modalità di trasmissione è però globalmente scarsa. 

La modalità di trasmissione verticale più frequente (madre-feto) è quella al momento del parto (connatale). Il feto si infetta mediante il contatto diretto con il sangue e le secrezioni materne ed è possibile anche uno scambio di sangue(trasfusione materno-fetale) attraverso la placenta che durante il parto può perdere parzialmente la sua funzione di barriera. Il rischio di infezione connatale è simile nel parto spontaneo che nel taglio cesareo. Infine, ultima possibilità di trasmissione verticale è quella attraverso il latte materno nei primi giorni di vita; questa via di trasmissione seppure possibile sembra essere meno frequente. La trasmissione del virus è possibile anche per le pazienti portatrici sane del virus.

Il periodo di incubazione dell'epatite B è variabile da 40 a 180 giorni.

Da un punto di vista clinico la malattia è simile a quella da virus A, ma la fase postitterica (epatomegalia cioè ingrossamento del fegato ed elevazione degli enzimi epatici) è più lunga, raggiungendo le 10-12 settimane.

La complicazione più temibile è l'epatite fulminante.

Circa il 10% dei pazienti rimane HBsAg positivo per oltre sei mesi; di questi circa il 50% diviene portatore sano e l'altra metà sviluppa un'epatite cronica attiva; è importante rilevare inoltre che il virus B è stato correlato con l'insorgenza del carcinoma epato-cellulare.

Per quel che riguarda i danni al bambino eventualmente infettato, le conseguenze a distanza possono essere estremamente gravi. Infatti un'alta percentuale di questi bambini diviene portatore cronico e molti di essi sviluppano una cirrosi o un carcinoma epato-cellulare.

Per quel che riguarda il discorso prognostico dell'epatite B in gravidanza e l'esito della gravidanza stessa valgono le medesime considerazioni dell'epatite A.

La terapia dell'epatite B è in gran parte sintomatica, particolarmente in gravidanza. Ne deriva quindi che l'unico metodo per prevenire l'infezione connatale e quindi proteggere il neonato dai seri rischi sopradescritti e contribuire a debellare l'infezione nelle regioni endemiche è la prevenzione, che si attua mediante lo screening della malattia nelle gestanti, la vaccinazione e la protezione con gammaglobuline iperimmuni nel neonato a rischio.

Nei più moderni protocolli di assistenza in gravidanza è previsto un controllo dell'HBsAg (un esame su sangue che se positivo dimostra la capacità infettiva) in tutte le donne sia alla prima visita che tra la 33^ e la 35^ settimana.

La ricerca dell'HBsAg ha il vantaggio di individuare non soltanto le madri affette da epatite B, ma anche quelle che sono portatrici sane del virus. Particolarmente importante è il controllo tra la 33^ e la 35^ settimana in quanto consente di poter efficacemente prevenire la trasmissione verticale connatale del virus.

Il neonato da donna HBsAg positiva deve subito iniziare il programma di vaccinazione per l'epatite B e va protetto con globuline iperimmuni; questa procedura si è dimostrata molto più efficace della vaccinazione o della protezione passiva adoperata singolarmente .

Misure di prevenzione da utilizzare nei confronti dell'epatite B:

  • controllo HBsAg in tutte le gestanti alla prima visita e alla 33-35° settimana

  • la gravida esposta al contagio può essere protetta con immunoglobuline e può iniziare il programma di vaccinazione

  • il neonato di donna HBsAg positiva va sottoposto al trattamento di cui al punto precedente entro 12 ore dalla nascita

  • l'allattamento non è controindicato nei neonati sottoposti a profilassi

  • non sono necessarie misure di isolamento

  • particolare attenzione per lo smaltimento dei liquidi biologici e di ogni materiale imbrattato.

Se effettuata questa profilassi non esistono controindicazioni all'allattamento al seno, a meno che esso sia da evitare per gravi condizioni generali materne. E' importante sapere che lo schema vaccinazione più gammaglobuline può essere effettuato anche nella gravida HBsAg negativa qualora avesse avuto un contatto con sangue ed altri liquidi biologici di un soggetto HBsAg positivo.

Non è necessario durante il ricovero né l'isolamento della madre né quello del neonato, ma va prestata particolare attenzione allo smaltimento di sangue, feci, urine ed altri liquidi, nonché di ogni materiale imbrattato.

EPATITE C.

Le caratteristiche epidemiologiche del virus C sono analoghe a quelle del virus B.

Analogamente al virus B il rischio di infezione neonatale è massimo quando la mamma si ammala nel III trimestre. Non esiste alcun mezzo specifico di prevenzione.

EPATITE DELTA.

La trasmissione perinatale del virus delta si verifica raramente. Sembrerebbe incapace di replicarsi e trasmettersi in assenza del virus. B. La sovrainfezione da virus delta determina l'evoluzione dell'epatite verso la cronicizzazione e la cirrosi, con conseguente riduzione della fertilità.

HERPES GENITALE

E' una infezione virale che si manifesta dopo 2 - 7 giorni da un contatto sessuale infettante. Esordisce in forma acuta determinando una infiammazione della vulva (genitali esterni) molto dolorosa, talvolta accompagnata da febbre, disturbi urinari, ingrossamento dei linfonodi. La vulva è edematosa (gonfia) e presenta delle vescicole che si rompono e possono infettarsi. La guarigione spontanea avviene in circa 1 - 3 settimane.

Dopo la guarigione il virus rimane in forma latente nell'organismo e può riattivarsi dando delle  reinfezioni talvolta ricorrenti scatenate a volte da fattori emozionali, stress. Sono annunciate da una sensazione di bruciore nella zona dell'eruzione delle vescicole (che rimane sempre la stessa in ogni paziente); i sintomi sono  meno gravi della prima infezione e la guarigione avviene in 3 - 14 giorni.

La malattia in gravidanza è pericolosa solo in prossimità del parto perché può determinare una grave infezione del neonato: nei casi di infezione in atto viene scelto il parto cesareo per evitare che il bambino entri in contatto con le secrezioni vaginali materne. E' importante informare il ginecologo riguardo pregresse infezioni erpetiche.

La diagnosi è abbastanza semplice. Si possono effettuare comunque ricerche virali sul liquido delle vescicole oppure uno studio della reazione immunitaria su sangue.

La terapia, come del resto per tutte le forme virali, è ancora deludente. L'Aciclovir comunque se assunto precocemente e a dosi adeguate consente di abbreviare i tempi di guarigione e di ridurre l'entità dei sintomi.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica