Dott. Vincenzo Alvino

SPECIALISTA IN OSTETRICIA E GINECOLOGIA
PERFEZIONATO IN ECOGRAFIA E MEDICINA PRENATALE
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Ultimo aggiornamento il 09/02/2016 alle ore 13:41


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Benessere Fetale In Gravidanza

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

MONITORAGGIO DEL BENESSERE FETALE IN GRAVIDANZA

ll monitoraggio del benessere fetale consiste nel modo con cui cerchiamo di comprendere, dall'esterno, come sta il nostro piccolo paziente all'interno dell'utero, seguendolo nella sua evoluzione e cioè dalle primissime fasi del suo sviluppo fino a termine, avvalendoci di tecniche e metodiche talora molto sofisticate. L'obiettivo principale del monitoraggio del benessere fetale è quello di prevenire la morte in utero o un danno permanente del feto. E' importante tenere ben presente che il monitoraggio deve essere sempre coniugato con la possibilità di poter estrarre, nel momento e nelle condizioni più opportune, il bambino da un ambiente materno che per una qualche ragione legata ad alcuni tipi di patologie, è ormai diventato per lui ostile dovendone assicurare la sopravvivenza al di fuori dell'utero, talora anche in epoca molto precoce, per cui è importante programmarne la nascita in un buon Centro di Assistenza Neonatale per fornirgli le migliori chances di spopravvivenza.

La domanda che ogni mamma ed ovviamente il suo ginecologo si pongono sempre ad ogni consulto è la seguente:"Come sta il feto?".

Per rispondere a questa semplice, e nello stesso tempo complicatissima domanda, in maniera non superficiale ma adeguatamente basandosi cioè su elementi adatti e specifici per rispondere, è necessario essere in grado di controllare diversi parametri quali:

  1. L'apporto ossigenativo metabolico da parte della madre ( mediante la flussimetria);

  2. La funzionalità della placenta ( mediante l'ecografia e la velocimetria doppler);

  3. Le condizioni fetali ed in particolare:

    1. La crescita fetale ( mediante la rilevazione della biometria mediante l'ecografia);

    2. Il volume del liquido amniotico ( mediante l'ecografia);

    3. La circolazione materno-fetale ( mediante la flussimetria che valuta la distribuzione del circolo e la cardiotocografia che valuta l'attività cardiaca in relazione ai movimenti fetali);

    4. L'attività fetale (basata sulla valutazione dei movimenti fetali) e che può essere rilevata mediante:

      1. Il profilo biofisico ( che mediante l'ecografia e la cardiotocografia valuta in contemporanea ben cinque importanti parametri e cioè: attività cardiaca del feto, movimenti fetali attivi, tono fetale, la quantità di liquido amniotico e la reattività fetale mediante il tracciato CTG, parametri che, presi tutti insieme in considerazione, rappresentano una semplice ma potente metodica per conoscere l'attuale stato di benessere fetale.

      2. La conta dei movimenti attivi fetali (MAF) affidata esclusivamente alla mamma;

    5. Il colore del liquido amniotico (amnioscopia).

La eventuale valutazione della maturità polmonare potrebbe servire se fosse necessario estrarre il feto ma non è utile per vedere le condizioni del bambino.

Le metodiche usate per il monitoraggio fetale sono:

  1. Controllo affidato all'ostetrico in travaglio di parto:

    1. Partogramma: è un grafico in cui, in travaglio, si prendono in esame la dilatazione cervicale e la discesa della testa del bambino; questa si abbassa nel bacino fino al piano perineale, mentre la dilatazione cervicale invece aumenta; dalla morfologia del partogramma si può in genere valutare se il travaglio si svolge normalmente oppure no;

    2. Controllo del battito cardiaco fetale: l'ascoltazione si fa ad orecchio ogni 10 minuti per 3 contrazioni; è molto importante ascoltare il battito cardiaco fetale in rapporto alle contrazioni;

  2. Monitoraggio elettronico (l'ecografia, la flussimetria e la cardiotocografia impiegano gli ultrasuoni):

    1. cardiotocografia: il cardiotocografo prende in esame due rivoluzioni cardiache e la differenza di tempo fra le due rivoluzioni viene riportata a media/minuto, non a frequenza istantanea;

    2. ecografia e flussimetria;

La cardiotocografia è il rilevamento dell'attività cardiaca fetale e della contrazione uterina mediante trasduttori. La differenza fra una rivoluzione cardiaca e la successiva (differenza fra un battito ed il successivo) è detta "variabilità a breve termine". Poiché tutto ciò è sotto controllo centrale (simpatico e parasimpatico), nel momento in cui si viene a perdere il controllo sulla frequenza da parte delle strutture ipotalamiche, è segno che queste sono in sofferenza. La perdita della variabilità è quindi strettamente correlata alla sofferenza ipossica delle strutture centrali superiori, in quanto la frequenza è legata al livello dell'ossigenazione centrale. Oggi esistono sistemi computerizzati per standardizzare la risposta ed eliminare la valutazione soggettiva del tracciato cardiotocografico da parte del medico.

La cardiotocografia è estremamente diffusa ed è stato il primo esame ad essere impiegato di routine. Essa consiste nel rilevamento e nella registrazione del battito cardiaco fetale e delle contrazioni uterine (tramite un tocografo). L'apparecchio ad ultrasuoni è basato sull'effetto Doppler per il rilevamento della frequenza cardiaca fetale (FCF), mentre il tocografo si basa su variazioni di pressione tramite un sistema meccanico e non con ultrasuoni, per il rilevamento delle contrazioni uterine. I segnali elaborati vengono presentati su una striscia di carta come tracciato continuo della FCF e del tono uterino. Ai fini della valutazione del tracciato cardiotocografico, si esaminano i seguenti parametri:

  1. Frequenza cardiaca: si va a vedere la linea di base, cioè la linea ideale che taglia a metà le varie oscillazioni. Essa dà la frequenza cardiaca di base e la si trova fra le due linee che indicano 120 e 160 se si tratta di un feto a termine, ma è maggiore se il feto è prematuro. Si parla di "bradicardia" se è inferiore a 120 e di "tachicardia" se è superiore a 160 battiti al minuto.

    • Variabilità: è la differenza fra la frequenza massima e quella minima. Nel feto non c'è una frequenza fissa, ma essa si aggiusta in base a stimoli provenienti dal sistema nervoso centrale, in base ad informazioni derivanti dai chemocettori e dai barocettori. La variabilità è l'elemento forse più importante per la valutazione del benessere fetale: un battito non più variabile indica un grave stato di sofferenza neurologica del feto, mentre tanto maggiore è la variabilità, tanto meglio sta il bambino. La variabilità è stata quantificata: è tale se supera 5 battiti al minuto; normalmente oscilla sui 15 battiti al minuto. è stata fatta una classificazione della variabilità:

    • tipo 0: silente (FCF con variabilità < 5 bpm);

    • tipo 1: ondulatoria ristretta (FCF con variabilità compresa fra 5 e 10 bpm);

    • tipo 2: ondulatoria (FCF con variabilità compresa fra 10 e 25);

    • tipo 3: saltatoria (FCF con variabilità >25 bpm).

  2. Accelerazioni: corrispondono di solito ai movimenti fetali e si accompagnano sul tracciato a delle righe, che sono dovute allo schiacciamento di un pulsante da parte della donna quando avverte i movimenti del feto. Le accelerazioni, per essere tali, devono superare i 5 battiti cardiaci al minuto e devono durare più di 15 secondi.

  3. Decelerazioni: sono variazioni in basso della frequenza, caratteristiche del travaglio e definite in base al rapporto con le contrazioni uterine. Se sono assolutamente speculari alle contrazioni, cioè iniziano e terminano contemporaneamente, sono dovute ad un riflesso vagale per compressione della testa del feto e sono dette "precoci" o "Dip 1". Le decelerazioni sfasate rispetto alla contrazione sono dette "tardive" o "variabili" o "Dip 2" quando iniziano dopo la contrazione. Le decelerazioni tardive sono dovute ad insufficienza placentare, quelle variabili a compressione sul funicolo ombelicale (entrambe sono quindi espressione di ipossia cerebrale). Più recentemente, in particolare, la decelerazione variabile è stata messa in relazione anche ad un aumento del tono vagale, come la decelerazione precoce, pur confermando che è espressione della messa in atto di una certa centralizzazione del circolo (in pratica, si ha l'attivazione dei barocettori e dei chemocettori periferici); invece, la decelerazione tardiva ha significato più grave, in quanto si ha per la perdita della centralizzazione del circolo, per ipossia del sistema di conduzione cardiaco (in caso di più di due di tali decelerazioni è indicato il taglio cesareo).

Le contrazioni uterine riducono l'ossigenazione e, se il bambino è già in uno stato di sofferenza fetale cronica, si vede che, con la contrazione, si scompensa (sofferenza fetale acuta). Su questo principio si basa la prova con ossitocina: si somministra ossitocina, che determina una contrazione uterina e conseguentemente ipossia fetale acuta. Si fa contemporaneamente una registrazione cardiotocografica, che evidenzia una diminuzione della frequenza cardiaca. Tale esame è detto "cardiotocografia in condizioni di sforzo" o stress test; il tipo di cardiotocografia che oggi viene eseguita è detta anche "non stress test" o NST in quanto non si stimolano le contrazioni con ossitocina.

La cardiotocografia dimostra che si può:

  1. Ridurre notevolmente la mortalità in travaglio;

  2. Rischiare di eccedere in tagli cesarei, specialmente in caso di decelerazioni variabili: si pensa che il bambino sia in sofferenza e si pratica un taglio cesareo, mentre il bambino avrebbe potuto sopportare bene anche un parto per le vie naturali.

Un meccanismo fondamentale di difesa del feto in situazioni di ipossia è la cosiddetta "centralizzazione del circolo", cioè la riduzione del circolo nel distretto corporeo "meno nobile" nel tentativo di mantenere un circolo più o meno normale a livello cardiaco e cerebrale. In caso di sofferenza fetale, si deve ricercare questo segno tramite la flussimetria, che evidenzia la riduzione del circolo nell'aorta discendente, e tramite l'amnioscopia, che evidenzia l'emissione del meconio. Non si riesce però a valutare da quanto tempo il feto possa essere in tale situazione e per quanto tempo si può andare avanti.

Un importante parametro da tenere sempre presente è costituito dai cosiddetti "stati comportamentali del feto": esso infatti alterna periodi di attività e di quiete, durante i quali il tracciato è decisamente più basso. L'interpretazione del tracciato cardiotocografico, come abbiamo visto, varia a seconda se questo viene effettuato durante il travaglio o durante le ultime 4 settimane di gravidanza. In travaglio si dà più importanza alle decelerazioni e si valuta se sono sfasate rispetto alle contrazioni uterine; fuori travaglio si dà importanza alla variabilità ed alle accelerazioni, invece le decelerazioni sono sempre considerate patologiche. I tracciati vanno comunque visti anche alla luce degli stati comportamentali del feto.

Studi condotti su neonati a termine e pretermine hanno consentito di identificare, con l'osservazione prolungata del comportamento neonatale, una serie di parametri che permettono di valutare l'integrità neurologica di un neonato: questi "stati di comportamento neonatali" vengono definiti in base alla coincidenza di tono muscolare, motilità oculare, tracciato elettroencefalografico, frequenza cardiaca, stato di sonno-veglia, pianto. Il meccanismo maturativo del feto non viene modificato nella sua evoluzione dal "momento" del parto, ma prosegue nelle sue tappe sia in utero che fuori. Questo concetto della maturazione progressiva nel corso della gravidanza ha spostato l'attenzione dal comportamento del neonato a quello del feto ed ha consentito di identificare, nel feto a termine, "stati comportamentali" analoghi a quelli del neonato.

Dopo la 36a settimana di gravidanza, il feto presenta una alternanza dei 4 stati comportamentali (tono muscolare, respiro - dato dai movimenti diaframmatici -, movimenti oculari, movimenti fini degli arti), testimonianza della maturazione del sistema nervoso centrale che finisce nel primo anno di vita, con un livello di stabilità ed una percentuale di coincidenza elevati. La coincidenza è valutata su periodi di 3 minuti. In condizioni di ipossia cerebrale, il feto perde successivamente, in ordine inverso, questi parametri che aveva acquisito. Con il profilo biofisico (valutazione di tali parametri di motricità) si hanno delle risposte più immediate, rispetto all'ecografia, sullo stato di benessere del feto. Esistono anche dei parametri accessori, che sono: movimenti di espansione della gabbia toracica (presenti nella veglia), svuotamento della vescica (anche questo può essere presente nel periodo di veglia), suzione (presente nel sonno e non nella veglia). Sulla base di questi concetti, sono stati distinti 4 tipi di tracciato cardiotocografico sulla base degli stati comportamentali del feto:

  • tracciato di tipo A: è presente durante la quiete; è un tracciato poco variabile e senza accelerazioni; è importante valutare la durata: se dura più di 40 minuti è certamente patologico;

  • tracciato di tipo B: è presente durante la veglia; è un tracciato variabile, con accelerazioni corrispondenti ai movimenti fetali;

  • tracciato di tipo C: presenta una certa variabilità, ma non ci sono movimenti;

  • tracciato di tipo D: è molto variabile e di difficile valutazione.

Il profilo biofisico comprende:

  1. valutazione ecografica qualitativa e quantitativa dei movimenti fetali:

    1. tono fetale (estensione-flessione);

    2. movimenti attivi;

    3. movimenti respiratori;

  2. valutazione ecografica della quantità del liquido amniotico; 

  3. calutazione della reattività del tracciato cardiotocografico.

L'osservazione si fa in un tempo di 30 minuti e si dà un punteggio da 0 a 2 per ognuno dei parametri indicati, così che il massimo punteggio raggiungibile è 10. Il liquido amniotico, nel feto a termine, è formato in gran parte dalle urine fetali. In caso di centralizzazione del circolo diminuisce la minzione e si ha la riduzione del liquido amniotico. Esistono due tipi di apparecchi: il "Doppler continuo" ed il "Doppler pulsato". Il Doppler continuo costa meno ma è più difficile localizzare la carotide perché va "ad orecchio"; il Doppler pulsato è collegato con un ecografo e pertanto dà una valutazione più precisa.

1. La flussimetria è la determinazione del flusso del sangue in un vaso. La tecnica flussimetrica Doppler è una metodica utile per lo studio dell'emodinamica fetale, feto-placentare ed utero-placentare. Alterazioni dell'emodinamica in questi distretti possono essere in grado di mettere in evidenza una sofferenza fetale cronica. Le strutture vascolari più comunemente indagate sono:

  • L'arteria ombelicale;

  • L'aorta fetale;

  • L'arteria cerebrale media;

  • Il dotto di Aranzio

Con la flussimetria si valuta il rapporto fra sistole e diastole e sono stati proposti vari indici, che dovrebbero rispecchiare il grado di distensibilità del vaso e quindi dare un'idea delle resistenze periferiche. Questi indici vanno a diminuire con il passare delle settimane, mentre si mantengono abbastanza costanti nell'aorta. Per quello che riguarda la valutazione dell'altezza della diastole, si deve dire che un periodo diastolico alto ed uniforme è buono, invece se è basso o se ci sono incisure potrebbe essere indice di sofferenza.

Il rilevamento del pH fetale si esegue in travaglio, quando si hanno dei dubbi con la cardiotocografia. Il sangue per la determinazione del pH (che in caso di acidosi è circa 7.15) viene prelevato dalla testa del bambino. L'acidosi può essere sia respiratoria, perché diminuisce la pressione di ossigeno ed aumenta quella di anidride carbonica trattandosi di ipossia respiratoria del feto, sia metabolica, perché il feto attiva la glicolisi anaerobia. Se il pH è inferiore a 7.15 la situazione è grave e si deve estrarre il bambino con il taglio cesareo, se il pH è fra 7.15 e 7.30 si deve rifare il prelievo ogni 15 minuti, se invece il pH è superiore a 7.30 il feto sta perfettamente bene.

L'amnioscopia serve a valutare il colore del liquido amniotico contenuto nella borsa al davanti della parte presentata: questo esame presuppone un certo grado di dilatazione del collo dell'utero. Per effettuarla si usa l'amnioscopio: si tratta di un cono metallico vuoto, con un mandrino dentro, che viene introdotto nel canale cervicale dove un dispositivo a luce fredda permette di vedere, transilluminandolo, come si presenta il liquido sul versante anteriore della parte presentata.

La presenza di meconio nel liquido amniotico è indice di sofferenza fetale ipossica: in condizioni di ipossia, il feto centralizza la circolazione a favore degli organi vitali e mette in relativa ipossia l'apparato gastroenterico che, a causa dell'ipossia, entra in contrazione e si ha l'emissione di meconio, che si può riscontrare nel liquido amniotico.

Con l'amnioscopia si può vedere anche l'eventuale presenza di vernice caseosa, che tende a scomparire quando siamo al termine della gravidanza.

Le indicazioni all'esecuzione dell'amnioscopia sono:

  1. Gravidanza oltre il termine;

  2. Gravidanza patologica presso il termine.

Le controindicazioni invece sono costituite da:

  1. Placenta previa;

  2. Infezione vaginale.

Per quanto riguarda infine le complicazioni, la più importante è senza dubbio la rottura intempestiva delle membrane.

Il monitoraggio ecografico di routine in gravidanza si basa su tre esami, ritenendo cioè che tre sia il numero minimo di controlli ecografici necessari in una gravidanza fisiologica.

Il primo esame va fatto fra l'8a e la 12a settimana ed ha lo scopo principale di ottenere l'epoca gestazionale in base al CRL. Il CRL è la lunghezza fra la testa ed il podice escludendo gli arti. La variabilità delle misure fetali va ad aumentare dall'inizio alla fine della gravidanza e quindi la misura del CRL alla 12a settimana dà, con buona approssimazione, l'epoca gestazionale. Questo serve anche per confronti successivi. Si può inoltre osservare:

  1. se la gravidanza è multipla;

  2. se la gravidanza è in evoluzione (tramite il battito cardiaco);

  3. se la gravidanza è patologica ciè sesi rileva:

    1. Un aborto;

    2. Una mola vescicolare: dà un'immagine tipo "a nevicata";

    3. Una gravidanza extrauterina: è rarissimo evidenziare un embrione fuori dalla cavità uterina e quindi non è una diagnosi di certezza, ma ci si aiuta con dati indiretti:

      • mancanza di gravidanza in utero;

      • falda liquida nello scavo del Douglas;

      • aumento di volume a livello dell'ovaio o della tuba;

  4. se coesiste una patologia ginecologica (fibromi, cisti ovarica).

Il secondo esame detto esame morfostrutturale va fatto fra la 18a e la 22a settimana ed il suo scopo principale è il controllo dell'anatomia fetale per la diagnosi di malformazioni, tramite la biometria e la valutazione del luogo di inserzione e della struttura della placenta.

Valutare il luogo di inserzione della placenta ha senso in genere solo dopo la 20a settimana, perché prima la placenta tende a spostarsi verso l'alto via via che l'utero cresce. La struttura della placenta è molto compatta all'inizio, poi alla fine compaiono delle discontinuità.

Occorre inoltre controllare con l'esame morfostrutturale:

  1. Le strutture encefaliche: ventricoli cerebrali (per eventuale idrocefalo), cervelletto;

  2. La colonna vertebrale: nella spina bifida non si ha la chiusura del tubo neurale: può interessare vari componenti come la cute, le strutture molli e le strutture ossee con lesioni del tessuto nervoso;

  3. Gli arti: è difficile la diagnosi di nanismo, perché il difetto di crescita degli arti nel nanismo è più tardivo;

  4. Il profilo fetale;

  5. Il cuore: si possono vedere tutte le strutture cardiache, ma normalmente si ricerca l'immagine delle 4 camere cardiache (2 ventricoli e 2 atri);

  6. Il diaframma;

  7. Lo stomaco ed il fegato;

  8. La parete addominale ed inserzione del cordone: si possono vedere i cosiddetti "difetti di chiusura" (onfalocele, a livello dell'inserzione del cordone, e gastroschisi, in sede paramediana); in caso di tali anomalie, si programma un taglio cesareo, anche se i visceri hanno una parete ispessita e quindi hanno una funzionalità alterata;

  9. L'apparato urogenitale;

Il terzo esame va fatto alla 32a settimana ed il suo scopo principale è quello di valutare l'accrescimento del feto (ecografia biometrica). Si può inoltre fare:

  1. Una diagnosi di malformazioni insorte dopo il secondo esame: idrocefalo, pielectasia, ecc.;

  2. Il grading placentare: si vede se l'aspetto è proporzionale rispetto all'epoca di gravidanza; il grado placentare aumenta da 0 a 4 con la maturità della placenta, in base alla presenza di calcificazioni, ed è indice della circolazione placentare: in caso di zone placentari infartuate il grado è avanzato;

  3. La valutazione quantitativa del liquido amniotico: misurando la distanza fra la cavità uterina ed il feto (se è >1 cm, il liquido è sufficiente).

Per valutare l'accrescimento del feto si usano i seguenti parametri:

  1. Il diametro biparietale (BPD): si vede che siamo perfettamente sul piano trasversale dalla posizione della falce cerebrale, che deve essere perfettamente centrale, si vede inoltre che siamo al livello giusto dal fatto che si vede la cisterna del setto pellucido;

  2. La circonferenza cranica (CC);

  3. Il diametro trasverso dell'addome (TAD): la presenza del grasso sottocutaneo vuol dire che il bambino sta bene;

  4. La circonferenza addominale (CA);

  5. La lunghezza del femore (FL);

  6. La lunghezza dell'omero (OL).

L'apparecchio ha un sistema che permette di fissare l'immagine: sullo schermo compaiono delle crocette che sono messe nei punti da misurare e l'apparecchio dà la misura; per misurare la circonferenza si fa il giro con la crocetta e l'apparecchio indica la misura. Nel cranio, la crocetta viene messa da un lato sulla teca esterna e dall'altro sulla teca interna.

L'ecografia è un esame che risente della mano dell'operatore, per cui è importante indirizzare la donna sempre in uno stesso Centro, anche perché i risultati dell'esame potrebbero presentare alcune variazioni anche in base all'apparecchiatura con la quale viene eseguito.

In base alle misure si vede se un feto si accresce regolarmente oppure se ci sono dei difetti di crescita. La velocità di accrescimento, infatti, è uguale per tutti, in quanto va incontro a deviazioni minime, ma parte da un presupposto genetico diverso da soggetto a soggetto. Ci sono dei diagrammi (curve di accrescimento) su cui sono riportati i vari parametri ed in base a questi diagrammi, in funzione dell'epoca gestazionale, si parla di:

  1. Difetto di crescita simmetrico: si trova la stessa riduzione a livello della testa ed a livello dell'addome; è un difetto piuttosto raro, che si mette in evidenza in epoche abbastanza precoci (seconda ecografia) e di solito si accompagna a malformazioni od a patologia cromosomica, per cui si deve fare un prelievo di sangue fetale per vedere il cariotipo;

  2. Difetto di crescita asimmetrico: si ha una sproporzione fra la testa e l'addome; tale difetto è più frequente e si vede più tardivamente, in quanto dovrebbe essere l'espressione del fenomeno della centralizzazione del circolo (indice di sofferenza fetale), in cui si privilegiano i distretti superiori rispetto a quelli inferiori: ne consegue che la testa è solo leggermente più piccola rispetto alla norma, mentre l'addome invece è nettamente più piccolo;

  3. Arresto di crescita: se in due ecografie successive, eseguite in almeno 15 giorni, non si rileva accrescimento (il BPD aumenta in genere di circa di 2 mm a settimana); in tali casi potrebbe rendersi necessario, una volta valutati tutti i parametri, prendere in considerazione l'eventualità di dover estrarre il feto dall'ambiente materno divenuto ormai per lui insostenibile;

  4. Difetto di crescita transitorio: i parametri sono inferiori alla norma per un certo periodo e poi ritornano normali; il riposo della donna, se non sussistono situazioni patologiche gravi, riporta la situazione alla normalità; bisogna però controllare questi bambini anche dopo la nascita, perché lo sviluppo di alcuni organi potrebbe avere risentito della riduzione di nutrienti e di ossigeno durante il periodo fetale.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica