Dott. Vincenzo Alvino

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L'invecchiamento Sessuale In Menopausa

L'unico autorizzato ad effettuare una consulenza medica ed esprimere un parere riguardo ad una vostra richiesta è il vostro medico, per cui tutte le informazioni presenti sul sito hanno carattere puramente informativo e non possono in alcun modo sostituire quello che è il suo parere.

MENOPAUSA: una condizione di rischio per l'accentuazione dei processi di invecchiamento sessuale e generale? 

L'invecchiamento generale è un evento "multisistemico" e "multifattoriale" in quanto coinvolge tutto l'organismo, ed è determinato da numerose variabili e, nella donna in particolare, la menopausa rappresenta una variabile molto importante, che non solo segna la fine dell'età fertile, ma in genere tende ad accellerare i processi di invecchiamento generale con ripercussioni significative per la salute nel suo complesso, ed è necessario cercare di fronteggiare adeguatamente i fenomeni che possono determinare l'invecchiamento sessuale, per prima cosa con uno stile di vita adeguato e, quando indicato, con una terapia appropriata e personalizzata consentendo in tal modo di prevenire alcune problematiche legate alla senescenza in generale.

Per capire se effettivamente la donna stia andando incontro ad un invecchiamento sessuale, e generale, vanno presi in considerazione quelli che rappresentano i principali fattori di rischio dell'invecchiamento sessuale, definiti anche come "marker di vulnerabilità", e cioè:

  • L'età in cui inizia la menopausa;

  • L'intensità delle eventuali vampate di calore;

  • Il valore del pH vaginale;

  • Il grado di trofismo vulvare.

Gli effetti negativi eventualmente prodotti da questi fattori possono ridurre la cosiddetta "aspettativa di salute", cioè l'età in cui, mediamente, una donna inizia ad avere problemi che via via potrebbero diventare irreversibili e che sono legati al trascorrere del tempo o anche a patologie croniche. L'aspettativa di salute è in genere molto più breve dell'aspettativa di vita (cioè l'età mediamente raggiunta da uomini e donne) ma può essere influenzata, positivamente, da fattori biologici, psicosessuali e relazionali ed il medico può ridurre il divario tra aspettativa di salute e aspettativa di vita, diagnosticando con tempestività gli eventuali fattori di rischio presenti e adottando, in seguito, le opportune strategie terapeutiche per contrastarli.

I fenomeni di invecchiamento sessuale si collocano nell'ambito più ampio dell'invecchiamento generale che è definito come il progressivo deterioramento delle strutture, e delle funzioni dei vari organi ed apparati, non legato a patologie note ma esclusivamente all'effetto del trascorrere del tempo.

L'invecchiamento sessuale ha tuttavia alcune caratteristiche peculiari e nella donna, in particolare, l'età riproduttiva non sempre coincide con l'età cronologica! Infatti va considerato che addirittura già prima della nascita una parte della riserva ovocitaria va persa e che questo patrimonio ovocitario si riduce progressivamente fino ad annullarsi con la menopausa. La vera e propria capacità riproduttiva in effetti tende ad esaurirsi circa 10 anni prima della menopausa in quanto, poco per volta, gli ovociti, pur continuando ancora ad essere prodotti in quantità accettabile, sono meno in grado sia di essere fecondati sia, una volta che fossero fecondati, di svilupparsi in embrioni vitali. Tutto questo avviene comunque a un'età in cui, per quanto riguarda il resto dell'organismo la donna, in genere, è ancora perfettamente in salute.

Con la menopausa si verificano ulteriori eventi biologici ed infatti, oltre all'esaurimento definitivo degli ovociti, cessa anche la produzione di estrogeni e progesterone, i due principali ormoni sessuali femminili, che non solo predispongono al concepimento e alla maternità, ma costituiscono, insieme al testosterone (prodotto anche nella donna e ormai riconosciuto a ragione come "l'ormone del desiderio"), una vera e propria "linfa vitale" per tutto l'organismo. Rispetto agli estrogeni ed al progesterone, il testosterone, va incontro a un destino diverso a seconda della causa che ha determinato la menopausa, ed infatti:

  • Se la menopausa viene a verificarsi nel giusto periodo della vita e cioè intorno ai 50 anni, il testosterone, continuerà ad essere prodotto dall'ovaio, anche se in quantità via via minori in relazione all'età;

  • Se la menopausa si verifica precocemente, cioè si verifica prima dei 40 anni in assenza di fattori scatenanti esterni, ed è spontanea, il testosterone continuerà ad essere prodotto e tenderà a ridursi in modo analogo a quanto avviene nella menopausa naturale;

  • Se invece la menopausa precoce è iatrogena (ossia provocata da ovariectomia bilaterale) la donna perde immediatamente il 50% del testosterone totale. Un cambiamento così improvviso può anticipare e peggiorare l'impatto dell'età sull'invecchiamento sessuale, anche in presenza di un'adeguata terapia ormonale sostitutiva. In caso di chemioterapia, radioterapia pelvica o total body, si ha ugualmente una menopausa iatrogena ed anche se in tali situazioni le ovaie restano in sede, purtroppo non sono più funzionanti. La perdita di testosterone è variabile e può raggiungere anche il 50% quando il trattamento distrugge tutte le cellule di Leydig, che producono il testosterone e che sono contenute nella porzione centrale dell'ovaio.

La carenza o addirittura la mancanza degli ormoni sessuali determina vari effetti negativi sull'organismo e una importante ricerca ha evidenziato come i sintomi della menopausa maggiormente correlati agli sbalzi ormonali e più negativi per lo stato di benessere generale siano:

  • Le vampate di calore;

  • Le sudorazioni notturne;

  • La perdita di memoria;

  • L'insonnia;

  • Le artralgie (a collo e spalle);

  • La cefalea;

  • La secchezza vaginale;

  • La ridotta capacità di eccitazione sessuale.

Solo alcuni di questi disturbi sono legati alla sfera sessuale, mentre altri investono la qualità della vita nel suo complesso ed occorre quindi cercare di capire quali sistemi del nostro organismo sono maggiormente influenzati dagli ormoni. In generale, possiamo dire che ogni singola cellula del corpo, ogni tessuto è beneficamente nutrito e stimolato dagli ormoni prodotti dalle varie ghiandole endocrine. Non solo dagli ormoni sessuali ma anche, per esempio, dall'insulina, dagli ormoni tiroidei e dagli ormoni surrenalici. Gli ormoni sessuali, però, svolgono una funzione trofica particolarmente potente su molti e diversi sistemi e, mentre il progesterone è funzionalmente legato prevalentemente alla gravidanza, gli estrogeni e il testosterone insieme agiscono su vari fronti.

Il primo organo ad essere interessato da una loro eventuale carenza è sicuramente il cervello. In particolare, gli estrogeni e il testosterone sono essenziali per il benessere dei tre sistemi del cervello da cui dipendono il tono dell'umore, l'energia vitale, la lucidità della memoria e dell'intelligenza e questi sistemi sono:

  • Il sistema "serotoninergico" che utilizza come neurotrasmettitore la serotonina;

  • Il sistema "dopaminergico" che utilizza come neurotrasmettitore la dopamina;

  • Il sistema "colinergico" che utilizza come neurotrasmettitore l'acetilcolina.

Se gli ormoni sessuali vengono a mancare, la quantità di questi neurotrasmettitori si riduce e i tre sistemi non funzionano come dovrebbero per cui ci si può rendere conto che:

  • Un certo senso di tristezza e di malinconia, fino a giungere alla depressione vera e propria, sono riferibili alla carenza di serotonina;

  • La perdita di desiderio sessuale, di energia vitale, di assertività, di voglia e gioia di vivere sono da riferire alla riduzione della dopamina;

  • La perdita di memoria e di lucidità mentale, sono riferibili alla perdita di acetilcolina. Quest'ultimo fenomeno non va assolutamente sottovalutato in quanto la menopausa precoce tende in genere ad anticipare l'insorgenza del morbo di Alzheimer di oltre 2 anni!

Oltre che il sistema nervoso , la carenza di estrogeni e testosterone interessa anche:

  • L'apparato urogenitale, con conseguenze sulla vescica e l'ecosistema vaginale; ne risente l'intera struttura fisica della sessualità, con perdita di desiderio, ma anche disfunzioni più generalizzate (tra cui difficoltà di eccitazione fisica e impoverimento dell'intensità dell'orgasmo);

  • Il sistema cardiocircolatorio: infatti le donne in menopausa sono più soggette all'infarto rispetto a quelle in età fertile;

  • L'apparato osteoarticolare: ossa, muscoli, tendini e articolazioni; in particolare queste ultime sono ricchissime di recettori per gli estrogeni e quando ne sono carenti, hanno frequenti dolori e un fastidiosa rigidità che può rendere difficili e quasi goffi i movimenti. La perdita di densità ossea aumenta il rischio di osteopenia e osteoporosi, mentre la diminuzione della massa muscolare magra che dipende anche dal cambiamento del metabolismo basale dovute all'età, espone all'aumento di peso, dannoso a sua volta per ossa, muscoli e cuore.

La carenza ormonale determina anche un netto peggioramento della secrezione in tutte le mucose dell'organismo, e ciò determina effetti che talora sembra davvero difficile collegare in qualche modo alla menopausa! Per esempio:

  • Si riduce la secrezione lacrimale e così l'occhio diventa più "secco", con conseguenze negative per la vista ed il senso di benessere;

  • Si riduce la secrezione salivare, e la donna accusa alterazioni del gusto e talora difficoltà di masticazione;

  • Si riduce la secrezione delle ghiandole del tratto gastrointestinale, e insorgono difficoltà di digestione;

  • Il tatto e l'olfatto pure risentono di questi cambiamenti ormonali. La donna ha frequenti parestesie, cioè fastidiosi formicolii alle mani e tende a perdere quella finezza olfattiva che, in età fertile, è proverbialmente superiore a quella dell'uomo e questo, per esempio, può comportare anche il fatto di percepire meno i ferormoni, ossia quelle sostanze che veicolano l'attrattività sessuale, con ulteriore impoverimento della sessualità.

 

Quando si parla di "invecchiamento sessuale", ci si riferisce non soltanto all'esaurimento degli ormoni, ma anche all'effetto generale dell'età. Dal punto di vista fisico, la funzione sessuale della donna raggiunge l'acme verso i 20 anni, anche quando siano presenti variabili psicosociali o relazionali negative, come potrebbe essere un'educazione sessuale restrittiva. E' infatti dimostrato che, nella donna, sia il testosterone totale e libero sia il deidroepiandrosterone (gli ormoni che in pratica rappresentano gli iniziatori e i modulatori biologici della risposta sessuale) raggiungono il loro picco di produzione attorno a questa età. Intorno ai 40 anni, i livelli plasmatici degli androgeni risultano ridotti di circa il cinquanta per cento, con un ulteriore dimezzamento tra i 40 e i 60 anni per cui, a 60 anni la donna ha solamente un quarto degli androgeni che aveva a 20 anni, con tutte le possibili implicazioni che abbiamo già esaminato.

Anche la probabilità di andare incontro a disfunzioni sessuali aumenta con l'età, e sempre a partire dai 20 anni circa. La caduta del desiderio sessuale, per esempio, è del 19% nelle donne tra i 18 e i 49 anni, con attività ovarica regolare; sale al 32% nelle donne della stessa fascia di età, ma in menopausa chirurgica; raggiunge il 48% nelle donne tra i 50 e i 70 anni, che sono invece in menopausa naturale. Queste percentuali possono però variare in relazione a diversi fattori socioculturali quali:

  • Essere coniugate o meno;

  • Avere un lavoro ed un buon reddito;

  • Avere un'alta scolarizzazione;

  • Aver vissuto una buona sessualità durante l'età fertile;

  • Avere la possibilità di accedere all'assistenza medica.

L'insoddisfazione legata alla riduzione dell'attività sessuale, intesa come perdita del desiderio, è invece inversamente correlata all'età nel senso che più la donna è giovane, maggiore è la probabilità che la disfunzione sessuale sia percepita come estremamente negativa, peggiorando la sua autostima, l'immagine di sé e la qualità della relazione di coppia.

La sessualità della donna risente molto anche dell'atteggiamento del partner che a sua volta può presentare eventuali disfunzioni sessuali. Molti studi dimostrano che i problemi di salute generale e sessuale del partner sono importanti fattori "predittivi" dei cambiamenti nella donna nel periodo peri e postmenopausale, a conferma di quanto l'affettività resti importante nel modulare il vissuto dei fattori biologici.

Dal punto di vista clinico, il medico può influire molto sulla qualità della vita della donna nei riguardi del suo fisiologico processo di invecchiamento. In particolare può identificare quelle condizioni di maggiore vulnerabilità per un invecchiamento (sessuale e generale) a rischio, nelle donne in età perimenopausale. Come si è detto, esistono dei "marker di vulnerabilità" molto importanti che permettono, una volta individuati, di valutare se quella donna stia andando incontro a una forma di invecchiamento piuttosto problematico e tali fattorii sono:

  • L'età in cui inizia la menopausa;

  • L'intensità delle eventuali vampate di calore;

  • Il valore del pH vaginale;

  • Il grado di trofismo vulvare.

Questi fattori possono essere identificati attraverso un'anamnesi ed un esame obiettivo accurati, e quindi si potrebbero affrontare con terapie mediche adeguate ed in genere molto efficaci. Vediamoli più in dettaglio.

Età in cui inizia la menopausa

Più la menopausa è prematura rispetto alla media di insorgenza, peggiore è il suo impatto sullo stato di salute generale e sessuale. In caso di menopausa precoce, sia spontanea che iatrogena, l'invecchiamento generale viene infatti anticipato, e con un effetto potenzialmente ancora più negativo in relazione alla fase della vita riproduttiva in cui questo accade. L'esaurimento ovarico precoce spontaneo ha un'incidenza di circa l'1% nelle donne sotto i 40 anni, anche se secondo altre casistiche riguarda fino al 7.1% delle donne. La menopausa iatrogena, sia per patologie benigne che maligne, interessa il 3.4-4.5% delle donne sotto i 40 anni e fino al 15% delle donne tra i 40-45 anni. La menopausa precoce è stata messa in relazione ad un rischio aumentato di osteoporosi, malattia coronarica e morbo di Alzheimer, tutti segnali di un invecchiamento patologico precoce. Anche i disturbi sessuali sono più frequenti nelle donne con menopausa precoce, in particolare dopo l'ovariectomia bilaterale.

Il rischio di tumore della mammella, nelle donne con menopausa precoce che siano state trattate con terapia sostitutiva ormonale, corrisponde al rischio che corrono tutte le donne di pari età in periodo premenopausale e con normale produzione di ormoni ovarici. Vi è consenso unanime nel ritenere che alle donne con menopausa precoce (ad eccezione di quelle affette da tumori ormono-dipendenti come il tumore della mammella o gli adenocarcinomi del tratto genitale, o altre controindicazioni maggiori) dovrebbe essere sempre proposta la terapia ormonale sostitutiva almeno fino all'età media della menopausa fisiologica, ovvero fino a 51 anni.

Perciò chiedere l'età in cui è iniziata la menopausa è un primo elemento importante che consente al ginecologo di valutare lo stato di benessere generale e sessuale, il rischio di un deterioramento di salute accelerato, e l'eventuale necessità di terapie integrate, ormonali e non ormonali.

 

INTENSITA' delle eventuali vampate di calore

Le vampate di calore sono state a lungo considerate un segno a se stante della carenza estrogenica provocata dalla menopausa, oggi invece vengono considerate in effetti un vero e proprio segnale di vulnerabilità del sistema nervoso centrale, quasi come un indicatore di rischio di invecchiamento cerebrale patologico.

Gli estrogeni, infatti, rappresentano un fattore trofico in quanto migliorano la capacità dei neuroni di "autoripararsi" in caso di danno e ne potenziano la naturale tendenza a connettersi fra loro grazie alla formazione delle cosiddette "spine dendritiche" che appaiono come sottili ramificazioni, simili a quelle di un albero, si sviluppano proporzionalmente all'uso e all'efficienza dei meccanismi cerebrali e tale fenomeno è noto come "neuroplasticità". Senza gli estrogeni, questa ramificazione dinamica si riduce in modo drastico, con gravi conseguenze per le funzioni cognitive e affettive.

E' stato dimostrato che intense e frequenti vampate di calore possono essere messe in relazione con disturbi dell'umore (ansia, depressione), perdita del desiderio, disturbi del sonno, tendenza a perdere la concentrazione o la memoria. Va sottolineato naturalmente che non sono le vampate in sé che determinano tali problematiche ma è la perdita di estrogeni che, oltre a causare le vampate, innesca il deterioramento cerebrale. Le vampate, essendo un sintomo molto evidente, costituiscono un segnale d'allarme importante che dovrebbe spingere a verificare anche le condizioni cerebrali.

Le vampate di calore rappresentano quindi un marker di vulnerabilità cerebrale ad un eventuale accelerazione dell'invecchiamento. La terapia ormonale sostitutiva, se prescritta nei primi anni dopo la menopausa, può ridurre non solo le vampate, ossia la sintomatologia vasomotoria su base neurovegetativa, ma sarebbe utile anche per fronteggiare il decadimento vero e proprio del sistema nervoso centrale, contribuendo ad una migliore qualità dell'invecchiamento mentale e sessuale. La terapia deve però essere prescritta tempestivamente: lo studio Women's Health Initiative ha infatti provato che una prescrizione tardiva, e cioè dopo i 70 anni, non solo non è efficace ma può addirittura peggiorare il quadro clinico generale.

 

Valori del pH vaginale

Il pH vaginale è modulato dai livelli di estrogeni presenti nei tessuti. Fisiologicamente, in età fertile, si aggira attorno a 3.5-4.5, ma con la menopausa tende a salire a 7.0-7.39. Tale incremento, a sua volta, rispecchia e segnala la progressiva atrofia dell'intero apparato uro-genitale. Calcolarne il valore è facile in quanto basta applicare uno stick in vagina per alcuni secondi, e in breve si avrà una stima "colorimetrica" del pH, ossia basata sul colore assunto dallo stick.

Il pH vaginale è particolarmente importante in quanto:

  • Controlla l'ecosistema vaginale, caratterizzato da miliardi di microrganismi in equilibrio dinamico. Quando è maggiore di 5.0, il pH espone la vagina alla proliferazione di germi solitamente minoritari, fra cui quelli della famiglia della Gardnerella. Ciò provoca un aumento delle secrezioni vaginali, con odore sgradevole, e segni di infiammazione. L'incremento del pH vaginale esprime inoltre un rischio aumentato per infezioni sia vaginali che uretrali, per esempio da Escherichia Coli o Enterococcus Faecalis, che possono a loro volta causare vaginiti o cistiti recidivanti, soprattutto post-coitali;

  • E' un "marker" della capacità di risposta del sistema vascolare genitale agli stimoli sessuali infatti gli estrogeni, da cui dipende il valore del pH, sono un fattore "permittente" per il VIP (Vasoactive Intestinal Polipeptide), il neurotrasmettitore che trasforma l'eccitazione mentale nella risposta vaginale di congestione e lubrificazione. In pratica, se ci sono gli estrogeni, il VIP lavora meglio; se gli estrogeni mancano, anche il VIP è meno efficacee e ne risulta che la donna inizia ad accusare secchezza vaginale e dispareunia, ossia dolore ai rapporti;

  • E' anche un indizio di vulnerabilità postmenopausale a disturbi urinari, sopratutto da urgenza minzionale.

Il pH vaginale è una "spia" di vulnerabilità a infezioni uro-ginecologiche e problemi sessuali. Una terapia sostitutiva a base di estrogeni, sistemica o locale, è in grado di normalizzare il pH vaginale e limitare tutti i disturbi di cui si è parlato: vaginiti, cistiti ricorrenti, secchezza vaginale, dispareunia e incontinenza da urgenza. L'assunzione deve essere prolungata, per poter avere risultati evidenti e persistenti ed i disturbi tendono infatti a ripresentarsi quando la terapia viene sospesa per cui non bisogna avere fretta a interromperla!

 

Grado di trofismo vulvare

Il trofismo della vulva (cioè il suo stato di nutrizione) è un indicatore del trofismo, e quindi della salute, non solo della cute e delle mucose, ma anche di tutte le strutture vascolari dell'apparato sessuale femminile, in particolare del clitoride e dei corpi bulbo-cavernosi. Si parla di "distrofia" quando il trofismo di un tessuto è alterato. L'invecchiamento dei tessuti vulvari, e perciò il loro minore trofismo (distrofia vulvare), è a sua volta influenzato da:

  • Età: tra i 50 e i 60 anni, la donna ha nei corpi cavernosi circa la metà del tessuto muscolare liscio che aveva a 20 anni;

  • Livelli di estrogeni e androgeni presenti nei tessuti;

  • Stili di vita inappropriati;

  • Patologie specifiche.

Tra le patologie specifiche, è bene ricordare che la presenza di auto-anticorpi può provocare la cheratinizzazione ("cheratosi") dell'epitelio vulvare, che assume un colore biancastro ("leucoplachia"), la conglutinazione delle labbra, l'involuzione del clitoride e una risposta sessuale inadeguata, fino alla totale anorgasmia un quadro patologico che va sotto il nome di "Lichen Sclerosus Vulvare".

L'applicazione locale di testosterone propionato può ritardare i segni dell'invecchiamento vulvare e potrebbe anche mantenere una buona risposta sessuale. Il grado di nutrizione e di invecchiamento della cute e delle mucose della vulva rispecchiano le analoghe modificazioni dei tessuti sottostanti, in particolare vascolari (tra cui i corpi cavernosi del clitoride e bulbovestibolari). Un invecchiamento vulvare precoce si associa ad accelerata riduzione della qualità della risposta fisica genitale, con secchezza e difficoltà orgasmiche. In positivo, il trattamento locale con testosterone può ridurre i sintomi sia ginecologici sia sessuali.

Si può certamente affermare che l'attenzione rivolta verso i sintomi legati alla menopausa può migliorare la qualità della vita delle donne sia in ambito sessuale che in ambito generale. Molti di questi sintomi, infatti, sono determinati da cause, prima fra tutte la carenza ormonale, che possono determinare anche altri disturbi sistemici ma in modo più lento, meno evidente, e anche molti anni dopo l'entrata in menopausa. I "marker" che abbiamo preso in considerazione sono quindi un utilissimo segnale d'allarme che deve spingere il medico a indagare anche in aree dell'organismo apparentemente non toccate dall'invecchiamento sessuale. La terapia ormonale sostitutiva, correttamente prescritta, può ridurre molti degli aspetti negativi della menopausa sul processo di invecchiamento sessuale e generale, tanto più precocemente quanto più la prescrizione è attenta a cogliere le diverse vulnerabilità biologiche, genitali e sistemiche, dopo che siano state correttamente diagnosticate ed i benefici non si limitano a ridurre i sintomi, ma potrebbero apportare un significativo miglioramento della qualità della vita sessuale e del senso di benessere generale.

Per migliorare il trofismo della vulva e della vagina in modo fisiologico vengono in genere utilizzati i seguenti presidi terapeutici:

  • Creme idratanti a base di vitamina E che aiutano a nutrite la cute vulvare;

  • La crema con testosterone all'1 o al 2 %, applicata ogni giorno per tre mesi in minima quantità, poi due volte la settimana, attiva i fibroblasti, cioè le cellule che costruiscono collagene, elastina e mucopolisaccaridi; questo ridà tono, consistenza e spessore alla cute, al sottocute e alle mucose. Il testosterone stimola le cellule dei corpi cavernosi a rigenerarsi, migliora l'estetica e restituisce alla vulva capacità di piacere e di orgasmo. Inoltre, gli ormoni stimolando la formazione dei ferormoni che ridanno a vulva e vagina quel che viene definito il "profumo di donna", cosa che certamente non sono in grado di fare nessun laser, silicone o chirurgia;

  • Il cortisone può essere utilizzato solo in caso di lichen sclerosus e per breve tempo;

  • Estradiolo, Promestriene o Estriolo applicati in vagina due volte la settimana aiutano a "ringiovanire" la mucosa vaginale e la capacità di eccitazione e lubrificazione, oltre a proteggere la vescica;

  • Esercizi fisioterapici e/o di biofeedback elettromiografico ridanno tono al muscolo elevatore dell'ano, migliorano la capacità di "sentire" e di avere orgasmi più intensi.

I sintomi relativi all'inizio della menopausa sono spesso molto evidenti: il ciclo diventa irregolare, iniziano le vampate, compaiono dolori articolari, il sonno si fa leggero e con frequenti risvegli. Il rimedio a molti di questi disturbi si chiama "terapia ormonale sostitutiva", ma al suo riguardo gli esperti sono spesso divisi, e le donne poco informate al punto che, in Italia, è stato rimarcato che solo il 4% delle donne in età menopausale ricorre agli ormoni, contro il 57% delle ginecologhe e il 59% delle mogli dei ginecologi.

L'esperienza dimostra che se la donna è ben consigliata e indirizzata con intelligenza clinica alla terapia più adatta alle sue esigenze (per tipo di ormoni, dosaggio e via di somministrazione), il ricorso alla cura, fatto salvo alcune controindicazioni, diventa una scelta del tutto naturale. Il primo obiettivo di ogni buon medico, dunque, dovrebbe essere quello di illustrare correttamente benefici e rischi reali della terapia, contrastando l'allarmismo dei media e l'interpretazione superficiale di studi epidemiologici come il Women's Health Initiative (WHI), che nel 2002 ha ingiustamente seminato il panico nell'opinione pubblica.

Le controindicazioni maggiori alla terapia sono rappresentae da: tumori ormonodipendenti (alla mammella, all'utero o all'ovaio), epatiti acute o croniche, tromboflebiti, trombosi.

La terapia ormonale in ogni caso può offrire dei grossi vantaggi sul piano della salute ed infatti vi sono diverse patologie di cui, per contro, la terapia ormonale sostitutiva riduce l'incidenza ed in particolare: tutti i disturbi direttamente indotti dalla carenza di estrogeni (insonnia, depressione, irritabilità, calo del desiderio, deficit della memoria), la demenza senile, il morbo di Parkinson, i dolori articolari (la cui prevalenza nella popolazione femminile triplica dopo la menopausa), l'invecchiamento cerebrale, i disturbi sessuali, l'urgenza minzionale, e l'incontinenza urinaria.

Altri criteri da seguire per prescrivere la terapia sono:

  • La presenza di segni clinici come la distrofia vulvovaginale (che comporta dispareunia, ossia dolore ai rapporti);

  • Segni strumentali (osteopenia, osteoporosi);

  • Età di comparsa della menopausa;

  • Tipo di menopausa;

  • Familiarità per malattie che tendono a peggiorare in assenza di estrogeni (Alzheimer, Parkinson, osteoporosi).

Deve essere anche ribadito che l'età di inizio della terapia è un fattore molto importante in quanto la terapia ormonale fa bene solamente se iniziata subito dopo la menopausa, mentre può diventare rischiosa se avviata molto tardivamente. La terapia ormonale deve comunque andare di pari passo ed essere integrata con stili di vita sani e cioè:

  • Mantenere il peso quanto più possibile nella norma;

  • Seguire una alimentazione equilibrata;

  • Assumere calcio e vitamina D (in caso di intolleranza ai latticini);

  • Fare un'attività fisica quotidianamente;

  • Evitare il fumo e ridurre al minimo il consumo di alcol;

  • Dormire regolarmente;

  • Tenere sempre in esercizio la mente;

  • Coltivare gli affetti, l'amicizia e l'amore.

Sintomi menopausa - La visita ginecologica